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Rag. Giovanni Zarcone

Consulente del Lavoro

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La riforma della Previdenza Complementare

La riforma rappresenta un'importante evoluzione nella storia della previdenza italiana. Prevede lo sviluppo di un sistema pensionistico basato su due "pilastri":

- la previdenza obbligatoria (erogata da Inps, Inpdap, Casse professionali ecc.), che assicura la pensione di base;

- la previdenza complementare che è finalizzata a erogare una pensione aggiuntiva a quella di base.

Ad essi si è poi aggiunto il "terzo pilastro" costituito dalla previdenza complementare individuale (D.Lgs. 47/2000).

La differenza tra forme individuali e forme collettive consiste nel fatto che, fermo restando il principio della volontarietà dell'adesione da parte del lavoratore, le forme previdenziali di secondo pilastro trovano la propria fonte istitutiva nella contrattazione collettiva (a livello di categoria, di comparto o di azienda), mentre le forme individuali richiedono unicamente l'adesione del singolo lavoratore al piano previdenziale.

I lavoratori dipendenti che decidono di aderire ad una forma previdenziale collettiva devono destinare al finanziamento del fondo il TFR in maturazione, cioè quello maturando dal 01/01/2007.

Nel momento in cui il TFR entra nel fondo pensione esso cambia natura, divenendo una componente della posizione individuale costituita presso il fondo.

Da ciò deriva che, avendo perduto la sua natura originaria, queste somme non sono più oggetto della garanzia assicurata dal Fondo di garanzia costituito presso l'INPS.



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